Classificazione scientifica

Tutte le specie animali e vegetali hanno una classificazione scientifica. Per individuare una specie, si indica prima il genere e poi la specie (insieme di individui che hanno le stesse caratteristiche).

Il camoscio d'Abruzzo appartiene al genere Rupicapra.

 

Il genere Rupicapra è suddiviso in 2 specie:

  • Rupicapra rupicapra (al quale appartengono i camosci dell'Europa nord orientale - Asia minore)
  • Rupicapra pyrenaica (che comprende i camosci dell'Europa sud occidentale)

 

La specie Rupicapra rupicapra comprende 7 sottospecie:

  • Rupicapra rupicapra rupicapra (è il camoscio alpino)
  • Rupicapra rupicapra cartusiana (situata sui monti Chatreuse in Francia)
  • Rupicapra rupicapra tatrica (dei Monti Tatra, nord Europa)
  • Rupicapra rupicapra asiatica (in Turchia)
  • Rupicapra rupicapra carpatica
  • Rupicapra rupicapra balcanica
  • Rupicapra rupicapra caucasica

La specie Rupicapra pyrenaica è a sua volta suddivisa in 3 sottospecie:

  • Rupicapra pyrenaica ornata (è il Camoscio d'Abruzzo)
  • Rupicapra pyrenaica parva (camosci dei monti Cantabrici)
  • Rupicapra pyrenaica pyrenaica (dei Pirenei)

Come si vede il camoscio d'Abruzzo deriva da una specie diversa di quello alpino. La differenza tra le due specie sta nella colorazione del mantello invernale (nella R.r.rupicapra il mantello è molto più scuro) ed estivo ( il Camoscio d'A. ha un colore più rossiccio), nelle corna (molto più lunghe nella R.p.ornata), nella struttura corporea e nel comportamento.

Lo straordinario disegno del suo mantello, le sue magnifiche corna, l'agilità e l'eleganza dei suoi movimenti, hanno portato a definire -giustamente- il camoscio d'Abruzzo, come il "camoscio più bello del mondo".


Identificazione del sesso e dell'età

Il camoscio presenta un ridottissimo dimorfismo sessuale: ossia la differenza morfologica tra i due sessi è minima.

L'elemento principale di differenza è dato -negli adulti- dalle corna: nel maschio le corna hanno una base più grande e sono più uncinate.

Ulteriori elementi sono dati dalla testa e dal collo (più massiccio nei maschi), e dal profilo ventrale (nel maschio, più convesso; mentre nella femmina sembra diviso in due metà). Inoltre il maschio si distingue per il pennello (ciuffo di peli che si diparte dal pene), visibile soprattutto nel periodo invernale.

Nell'individuazione del sesso, ci possono venire in aiuto anche il comportamento e le abitudini dell'animale.

Il maschio -per es.- si accuccia meno della femmina (i piccoli si accucciano sempre, per cui è impossibile riconoscerli) ed assume -nell'urinare- una posizione diversa. Se, invece, incontriamo un animale solitario, è sicuramente un maschio.

La determinazione dell'età è molto più difficile e solo un occhio "esperto" può riuscire a identificarla. Il sistema più valido per riuscire ad attribuire l'età di un camoscio d'Abruzzo, è dato dall'accrescimento cornuale. Ossia contando gli anelli di crescita sulle corna, si riesce a determinare l'età dell'animale.

Nel PNd'A si è visto che la crescita della corna è molto omogenea nei diversi individui, e per questo è stato sviluppato un metodo basato sul rapporto tra sviluppo delle corna e lunghezza delle orecchie. Questo metodo ha portato a raggruppare i camosci del PNd'A in 6 classi d'età (Lovari).

Ormai (settembre 2018) in tutti i Parchi abruzzesi è stato adottato un protocollo standardizzato per la classificazione dell'età dell'animale, individuato in 3 classi: i kids (nati dell'anno), yearling (camosci del 1° anno che hanno cioè la sommità del corno 1 cm sopra o sotto la punta dell'orecchio), e adulti.  

Femmina adulta - © Eugenio Di Zenobio photo

Maschio adulto - © Eugenio Di Zenobio photo


L'osservazione del camoscio in natura

Per l'osservazione del camoscio, la stagione migliore è sicuramente quella estiva.

Infatti in questo periodo - con lo scioglimento delle nevi - i sentieri sono più accessibili, anche se le montagne abruzzesi sono molto impegnative.

È questa la stagione in cui troveremo -sui pascoli oltre i 2000 m- i branchi di femmine con i loro piccoli. Mentre i maschi adulti, che in questo periodo dell'anno conducono vita solitaria, si riescono a vedere con meno facilità. All'inizio dell'inverno invece  e fino alla caduta delle prime nevi, si possono osservare gli estenuanti inseguimenti tra i maschi adulti che si contendono le femmine. È questo il periodo in cui i maschi si ricostituiscono al branco.

 

"Chi non ha mai visto il camoscio d'Abruzzo in natura è consigliabile andare in Val di Rose, PNd'A (si ricordi che in Luglio e Agosto è obbligatoria la presenza di una Guida del Parco, perciò contattare i centri-visita del Parco), dove la densità di popolazione è davvero alta ed è facilissimo incontrare camosci lungo il sentiero, anche a distanza ravvicinata".

Così scrivevo fino a qualche anno fa....ma da una decina di anni le cose purtroppo sono cambiate. Infatti nel Paco Nazionale d'Abruzzo la popolazione dell'ornata  ha subito drastici cambiamenti sulla dinamicità della popolazione e conseguente presenza/diffusione nel territorio del Parco. Come ha dimostrato lo studio di qualche anno fa condotto dal prof. Sandro Lovari su incarico dell'Ente Parco, nelle aree storiche di maggiore frequenza del camoscio (vedi la Val di Rose e M. Amaro di Opi) si è registrata una drastica riduzione della sua presenza. Questo è stato determinato da una serie di fattori: il fattore principale è dovuto ai cambiamenti climatici che hanno favorito l'innalzarsi della fascia boschiva con conseguente riduzione dei pascoli primari e quindi del festuco, al quale il camoscio è particolarmente legato. In più la diffusione massiccia del cervo all'interno del Parco (anche) sulle praterie primarie ha comportato una competizione indiretta con il camoscio; competizione non alimentare bensì dovuta al calpestio massiccio delle praterie da parte dei numerosi branchi di cervi e quindi al danneggiamento del pascolo utile al camoscio per alimentarsi.     
Allo stesso tempo è stato rilevato che il camoscio oggi è maggiormente presente su Monte Meta e Monte Marsicano dove storicamente era presente in numeri assai modesti. Non a caso le 2 montagne citate sono le vette più alte del Parco, a conferma di quanto registrato dallo studio condotto da Lovari.

Da osservazione mia diretta sul campo, avendo il polso della situazione anche sulle altre colonie abruzzesi del camoscio d'Abruzzo, nel Parco Nazionale della Majella e nel Parco Nazionale del Gran Sasso (sulla recente colonia di camosci del Parco Sirente è ancora presto per dirlo), l'ornata sta molto meglio. Mi riferisco alla maggiore disponibilità di cibo presente in misura di gran lunga maggiore rispetto agli ambienti del PNd'A, e questo lo si nota molto bene nella struttura degli yearling.

Presenza nel territorio e sua diffusione

La Rupicapra ornata deve la sua salvezza all'istituzione del Parco Nazionale d'Abruzzo nel lontano 1922. Nato dalla Riserva Reale di Caccia, il Parco è sorto proprio per proteggere gli ultimi esemplari di camosci (e di orsi marsicani) rimasti ancora in vita nella zona della Camosciara. Si pensi che negli anni venti erano rimasti 15-20 capi e dopo la seconda guerra mondiale 30-40!

Questa decimazione fu dovuta al bracconaggio spietato, come provano le pubblicazioni di allora. Con la Riserva Reale di Caccia, il camoscio ebbe vita abbastanza tranquilla. Poi nell'intervallo che va dall'abolizione della Riserva Reale all'istituzione del Parco, ci fu una drammatica riduzione numerica della popolazione. Dal 1922 ad oggi sono stati fatti passi da gigante, grazie alla severa protezione e salvaguardia dell'Ente Parco.

Oggi all'interno del Parco si contano 600 esemplari in libertà, più quelli che vivono nelle diverse aree faunistiche (grandi recinti dove l'animale vive in condizione di semi-libertà, necessari per effettuare la ricerca scientifica e assicurare il ripopolamento della specie).

Ma con il forte incremento della popolazione, a fine anni '80 si è avuta una densità troppo alta come nella Val di Rose. Così onde evitare incroci tra consanguinei e il rischio dello svilupparsi di malattie ed epidemie, si è deciso di creare nuclei originali per garantire la sopravvivenza della specie.

Siamo quindi arrivati al 1990 dove il camoscio è stato reintrodotto con successo sulla Majella e nel 1992 sul Gran Sasso, da dove si era estinto esattamente 100 anni prima ad opera dell'uomo.

 

Successivamente, sempre per allargare l'areale della specie tutelandola da rischi sanitari e genetici che potevano minacciarne la sopravvivenza, l'animale è stato introdotto con un progetto LIFE sui Monti Sibillini, nelle Marche: infatti nella primavera del 2006 due individui (un maschio e una femmina) provenienti dall'area faunistica di Lama dei Peligni (Majella) sono stati rilasciati nell'area faunistica di Bolognola (MC) realizzata appositamente in precedenza (nel 2002). In autunno 2006 venne svolta una cattura di camosci in natura nella Val di Rose (PNA) da liberare poi sui Sibillini; il tentativo di cattura fallì in quanto dei 5 animali catturati, 2 morirono. Si decise pertanto di rilasciare il resto dei catturati e di rinviare le catture a data da destinarsi.  Solo nel 2008 avviene la prima liberazione in natura sui Sibillini dei primi 5 animali provenienti dal Parco Naz. d'Abruzzo che segna l'inizio di insediamento dell'ornata sull'appennino marchigiano. Ad oggi (Settembre 2018) sui Sibillini si contano un centinaio di camosci d'Abruzzo.

E arriviamo alla storia più recente: tra i mesi di Luglio e ottobre 2013 sono stati reintrodotti in natura i primi camosci nel Parco Regionale Sirente Velino, precisamente nella zona di Mandra Murata.  In questo periodo si sono avuti successivi rilasci con animali provenienti dalla popolazione selvatica del Parco della Majella e dalle aree faunistiche di Farindola (Gran Sasso) e di Bolognola (Sibillini).  Ad oggi (Settembre 2018) nel Parco si conta una colonia di 50 esemplari. 

 

30 Settembre 2020.
Possiamo finalmente dare ottimi dati sulla popolazione di camoscio d'Abruzzo: è composta da 5 distinte colonie per una stima totale di 3200 animali.

Branco in inverno - © Eugenio Di Zenobio photo

I suoi predatori

I predatori naturali sono principalmente l'aquila reale, e raramente anche il lupo. 

La vera minaccia per il camoscio d'Abruzzo è rappresentata dalle attività antropiche: il volo a bassa quota di un aereo, di un elicottero o di un drone disturba fortemente il camoscio. Così come un grosso disturbo è creato dai fuochi pirotecnici nei diversi borghi dei Parchi in occasione delle le feste patronali. 
Ma la causa principale di disturbo è data da escursionisti con cane al seguito.

E' bene ricordare che tutte l'alta quota delle montagne abruzzesi ricade in zona di Riserva Integrale dei rispettivi Parchi dove è espressamente fatto divieto di condurre cani al seguito, anche al guinzaglio. Questo perché sono ambienti -appunto- frequentati dai camosci.  La motivazione del divieto, di portare cioè con se cani anche al guinzaglio negli ambienti d'alta quota, è scientifica. Quindi non è opinabile, se non supportata da altrettanti studi scientifici. 

La sola presenza del cane disturba il selvatico. Infatti il camoscio interrompe l'alimentazione che per lui è fondamentale nella breve stagione estiva in vista del lungo inverno. E non solo; a inizio estate le mamme devono allattare i piccoli e hanno quindi necessità di alimentarsi a dovere.

Tutto questo è dovuto alla sola presenza di un cane. Figuriamoci quando il cane insegue (più volte da me osservato) un branco di camosci ! Purtroppo negli ultimi anni assistiamo soprattutto in estate ad una frequentazione massiccia della montagna da parte di persone con cani, una vera e propria moda che arreca danni incalcolabili ad una specie preziosa e unica al Mondo, qual'è il camoscio d'Abruzzo. Perché oltre il fattore di disturbo, altro grande potenziale problema è la possibile trasmissione di elementi patogeni da cane a camoscio, con conseguenze letali per quest'ultimo. E qui non vale il discorso: ma il mio cane è vaccinato !?

 

Per risolvere il problema dei cani sui sentieri di montagna, ci vorrebbe molta, tanta più informazione ad opera degli Enti Parco con pannelli informativi (chiari e semplici) all'inizio di ogni sentiero che porta nelle aree dei camosci. 

E poi, sicuramente occorre maggiore controllo sui sentieri da parte del personale preposto alla vigilanza. 

Se ami la Natura e gli animali, il cane non lo devi portare in alta quota !    

Lupo - © Eugenio Di Zenobio photo

Aquila reale - © Eugenio Di Zenobio photo


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